lunedì 17 giugno 2013

Quando i The Gianninos suonavano nei pub

Ora che torna a scrivere sui quotidiani, che tutti sono amici, che sì, tutto è a tarallucci e vino, dai, che simpatica guasconata, facciamoci due risate tutti insieme, finalmente ve lo posso dire.
Quando è successa tutta la storia di Giannino, delle lauree false, forse pure del diploma, dello Zecchino d'Oro (sì, pure dello Zecchino d'Oro, lo so che tanti non ci vogliono credere...), quelle che adesso sono tutte lepidezze su cui sorridere insieme (ah, le matte risate...), io ci sono rimasto male, ma male davvero.
No, non perché pensassi che fosse una vergogna, che queste cose non si fanno, neanche perché pensassi che Giannino fosse la salvezza di questo paese e con questa stronzata si fosse giocato la possibilità di portarci tutti ad essere il più grande paese del mondo con soldi che sbucano sotto i sassi e ricchezza, benessere e felicità per tutti. No, io ci sono rimasto male come quei tipi hip che scoprono una band, vanno a sentirla suonare nei pub, la amano e la custodiscono gelosamente, cercano le vecchie registrazioni per scoprire suoni e influenze e poi ci rimangono male quando il gruppo diventa mainstream, incide per le major e riempie gli stadi e allora i tipi hip a dire "eh, ma si sono venduti al sistema, una volta erano tutta un'altra cosa, quella sì che era musica senza compromessi".
Ecco, io volevo che fossimo noi pochi nel pub a dirci fra di noi quanto fosse un cazzaro.

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