mercoledì 12 gennaio 2011

Fiat voluntas tua

I tempi sono cambiati, stanno cambiando. E non in meglio. Questa parte di mondo, dopo essere andata fuori giri, fatica a ritrovare un suo normale passo. In particolare l'Italia, che sta per entrare nel diciassettesimo anno dell'infausta era berlusconiana, non sembra sapere dove andare a sbattere la testa. 
In questo clima, giovedì e venerdì si vota, alla Mirafiori, per il referendum sul piano di Marchionne (o giochiamo come dico io o mi porto via pallone, porte ed erba). In queste settimane ho sempre seguito con un certo disagio l'evolversi della vicenda. Disagio difficile da spiegare, istintivo, ben poco razionale. Ma se io dovessi votare che direi, sì o no? 


Non è una risposta così facile da dare. Io non lavoro in fabbrica, non ho mai messo piede alle officine Mirafiori, non ho mai avvitato un bullone e piantare un chiodo nel muro è già una fatica. Io non so come si possano mantenere uno o due figli e magari anche una moglie con 1200 euro al mese, ma so quanto è difficile vedere riconosciuti i propri diritti nel mondo del lavoro, qui nel nostro Belpaese, soprattutto se sei giovane e se non hai uno "sponsor". 
La disoccupazione morde l'Europa (e gli Usa) come un lupo famelico, mentre il mondo della finanza sembra essere tornato indifferente a tutto e tutti. Chi ha un lavoro se lo tiene ben stretto e ci mancherebbe.

Ho chiesto a mio padre, che è in pensione e che l'operaio l'ha fatto sul serio per una quarantina d'anni, cosa voterebbe lui. Mi ha risposto che direbbe sì, perché al lavoro non si può rinunciare, mi ha anche detto che, chiacchierando in giro, viene fuori che i vecchi operai sono per il no, i giovani per il sì, perché, dice, i primi sono alla fine del loro percorso lavorativo, i secondi invece hanno tutto da giocarsi. Al che gli ho domandato se non ritiene l'atteggiamento di Marchionne ricattatorio; mi ha risposto che sì, in parte lo è, ma che per avere si deve anche dare. Il vecchio operaio in pensione, quindi, crede a Marchionne quando dice che aumenterà gli stipendi e ammette che se per far ciò si deve rinunciare a dieci minuti di pausa o ai giorni di mutua attaccati alle vacanze o quando gioca la propria squadra del cuore (racconta che quando lavorava lui ce n'erano un botto), beh, allora il patto ci sta.

Questa posizione ha una sua logica e, pur mantenendo sempre il rispetto per chi fa un lavoro che non conosco, mi spingerebbe a dire che anche io voterei sì. Ma preferisco restare osservatore e rispettare quello che sarà l'esito delle urne. 

C'è però ancora un punto che mi pare nevralgico: la crisi c'è e c'è per tutti. E allora il fatto che un manager guadagni 430 volte quanto un operaio è profondamente sbagliato e non perché invidi il compenso multimilionario, semmai perché è offensivo nei confronti del lavoro dell'operaio. Ridursi il compensio sarebbe un gesto di sicura elegenza e di rispetto per la Fiat e i suoi uomini e donne.

1 commento:

  1. Caro Bob... hai scelto un argomento proprio difficile...
    La Fiat oggi (ma anche ieri) é la cartina al tornasole delle contraddizioni del sistema Italia.
    Marchionne oggi sta riscrivendo la storia delle relazioni industriali, solo che con la solita logica degli estremi, lo sta facendo in modo eccessivamente sbilanciato a favore della proprietà sopo 40 anni di eccessivo sbilanciamento a favore del sindacato.
    Purtroppo gli estremi non rappresentano mai situazioni di massima eccicienza... Prosit!

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