giovedì 20 gennaio 2011

La difesa del colibrì

No, questa volta non ci casco. Troppe volte sono stato sedotto e poi abbandonato. E, allora no, questa volta manterrò una ferrea difesa dei miei sentimenti. L'Italia resterà cosa sua, di Silvius I. Niente da fare. Al bando le illusioni.

Quello del quale siamo spettatori è uno scandalo di proporzioni tali che avrebbe mandato a casa qualsiasi primo ministro di qualsiasi Paese in cui la moneta corrente non sia la pizza di fango o il nichelino di paglia. E non per merito di qualche forza sovrannaturale, semplicemente perché il politico, colto con il colibrì nel bungabunga, avrebbe avuto la decenza di dimettersi dinnanzi all'indignazione (incazzatura?) dell'opinione pubblica. Ma, come da più parti è stato scritto e detto in questi giorni, l'Italia non è un Paese normale e non lo è più da diverso tempo. 

Le anime belle che si attendevano le dimissioni si devono essere impietosamente arrese davanti al magnifico videomessaggio di ieri sera (non spreco mezza parola sul medium utilizzato per la penosa difesa, direi che è pleonastico). Non entro nel merito di quanto ha detto, commenti ben più autorevoli dei miei compaiono sui quotidiani. Voglio soffermarmi però sul volto scuro e tremebondo di questo signore anziano che difende con violenza verbale e mimica l'indifendibile. Ovviamente non è solo. Basta buttare un occhio sui tanti talk che trattano il tema per vedere i suoi cortigiani schiumare nell'estremo tentativo di difendere la posizioni di potere conquistate. Il senso della decenza è disgraziatamente perso. L'etica non ha mai avuto per indirizzo quei lidi e quindi non mi stupisco più di tanto. La macchina della disinformazione è partita e non farà prigionieri.

Lo spaccato di Italia che emerge (l'ennesimo, ahimé) è il risultato di 17 anni di berlusconismo e, quando tutto ciò sarà finito, il nostro Paese non sarà più quello che era prima del 1994: il cancro ormai è in metastasi. E, allora, in questi giorni nei quali qualcuno evoca la caduta dell'Impero, io non mi faccio illusioni. E mi torna alla mente con sempre maggior forza la sequenza finale del Caimano con gli incendi nelle strade, davanti a Palazzo di giustizia, e gli scontri di popolo nelle strade. Ecco, se davvero siamo alla fine, a cosa ci stiamo avvicinando. E, signori, questa volta non sarà un film.

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