martedì 13 dicembre 2011

Manuale del panettiere della luce

Quindi, se qualcuno non lo sapesse, Fabio Volo ha fatto il panettiere, l'ha scoperto ieri anche Antonio Gnoli di Repubblica che l'ha intervistato ed è rimasto talmente folgorato da questa notizia da volerla mettere anche nel titolo. Ora, io non so chi sia Gnoli, se sia un giornalista che si occupa di cultura e scriva di Volo per via dei suoi libri, se invece si occupi di spettacolo e allora abbia fatto l'intervista perché con Volo è appena uscito un film, magari invece è un raffinato opinionista e si è sentito in dovere di raccontarci Fabio Volo come fenomeno di costume, ma il fatto è che ne scrive come se quello conosciuto fosse lui e si sentisse in dovere di dare il suo imprimatur al personaggio Fabio Volo ai suoi lettori in virtù della sua autorevolezza, Gnoli l'ha scoperto e adesso ce lo racconta.
L'intervista di Gnoli però è utile, perché ci permette di rivedere in un'unica carrellata tutta la storia del fenomeno, dal forno alle stelle; questa storia, così come la racconta, sembra uno dei suoi libri, o uno di Coelho, al massimo, un'accozzaglia di banalità condita di new age, buoni sentimenti ed esaltazione della mancanza di professionalità e di preparazione. Tutto sacrosanto, per carità, non si può fare una colpa a qualcuno né dell'avere la possibilità di scrivere quello che si vuole, per quanto banale o consolatorio possa essere, né di sentirsi investito come un guerriero della luce, certo, forse un po' diverso sarebbe se tutto fosse un'operazione paracula in cui si produce quello che si sa che certa gente vuole farsi ammannire, ma questa sarebbe una cattiveria e per oggi non prendiamo in considerazione questa ipotesi. Io vorrei, sinceramente, prendere questa intervista e confutarla punto per punto, risposta per risposta, per rilevare tutto quello che mi sembra incredibile e insensato, ma sono talmente tante le cose che mi mandano in bestia messe tutte insieme che non saprei da che parte iniziare e farei un post chilometrico e noiosissimo, però un paio di cose non riesco proprio a non notarle. Avete presente la storia per cui tutti gli attori, tutte le persone che sono nella casa del Grande Fratello, tutti quelli scelti per un talent show, ecco, nessuno di loro voleva essere lì? Nessuno è mai andato a fare un provino, tutti erano lì ad accompagnare un amico o un'amica e tutti sono stati scelti per caso al posto di quell'amico, tutti avevano altri sogni, diventare medici, ingegneri, portare la pace nel mondo, tutti nel frattempo accompagnavano gli amici ai provini e tutti alla fine sono stati costretti da qualche spietato produttore a recitare o a cantare da lì fino alla fine dei loro giorni, ecco, la vita di Fabio Volo è stata tutta così, lui si è anche fatto un tatuaggio così, ci credereste? No, bene, neanch'io, eppure lui la racconta così.
L'intervista inizia subito con uno dei pezzi forti del filosofo, che poi sarà l'obiettivo su cui devierà quasi ogni risposta, il male che gli vogliono, il male che gli fanno tutti i disonesti che non lo apprezzano, ma lui, come il migliore allievo di Deepak Chopra riesce sempre a trasformare tutta questa negatività in positività, tiè...
Lui è pragmatico, deve fare cose pratiche, stuccare i muri mentre (scusate, io non ce la faccio proprio, adesso faccio una pausa poi cerco di finire... eccomi, riproviamo...) pensa, ha bisogno di fare cose pratiche, non come quei barbosi pensatori, perché lui (attenzione al pezzo forte) arriva da una famiglia che usava più le mani che la testa, le mani sapete come le usava? Sì, avete indovinato, nel forno, certo, perché se qualcuno ancora non lo sapesse, suo padre aveva una panetteria e lui ci ha lavorato, sfornava le pagnotte e intanto sognava, cosa? Di scrivere libri? Di condurre programmi alla radio? Di fare tv? Di fare l'attore? No, solo di fare qualcos'altro, probabilmente solo di non sfornare più pagnotte, a questo punto, tanto più che nella sua testa tutti lo consideravano come un reietto per il solo fatto di fare il panettiere, come se il panettiere fosse un lavoro considerato degradante. Ci si interroga spesso sul fatto che la società televisiva abbia svilito i lavori veri, manuali, di una volta, mettendo nella testa di tutti i giovani solo il sogno di un effimero successo televisivo, poi per fortuna si scopre che non è proprio così, che il paese è ancora pieno di gente che studia per costruire il proprio futuro e che le veline sa a malapena chi siano, ecco, Fabio Volo invece è l'esemplificazione di quella vergogna per i lavori manuali col sogno di fare la tivvù, il percorso che i sociologi condannano fatto e finito, impacchettato e venduto. Il pezzo forte però deve ancora venire, è quello in cui lui decide di abbandonare tutto per un non meglio definito senso di rivalsa sociale, giuro che a leggere solo certi pezzi dell'intervista, senza tutte le storie del panettiere, sembrerebbe l'intervista di Mike Tyson o di qualche altro ragazzo del Bronx cresciuto senza padre e con la madre distrutta dal crack, le frasi sarebbero le stesse, la rivalsa sociale, l'umiliazione subita dalla sua famiglia, la spocchia di chi usava la cultura per tenerlo a distanza, ecco, per lui fare questo ha voluto dire tornare da quella gente e dire "sono meglio di voi", a questo punto inizio a capire chi lo trattava con spocchia.
Tutto il resto dell'articolo sono sbrodolamenti autoreferenziali mascherati da un senso di finta umiltà che tirerebbe fuori dalla grazia di dio pure il Dalai Lama, fino al momento in cui Volo dice di essere particolarmente soddisfatto di aver portato in libreria gente che non ci avrebbe mai messo piede, ora, a parte che qualcuno, credo Mark Twain, diceva che leggere un brutto libro è peggio che non leggerne nessuno, ma questa è evidentemente solo l'introduzione alla sua difesa provata e blindata, quella grazie a cui nessuno lo può attaccare, perché lui te lo dice subito, una fascia di persone, di critici di blog (giuro, dice così, qualunque cosa voglia dire) gli dicono che non è dei loro, che lui sarà sempre il panettiere di Brescia, ecco, ora ho capito qual è la sua linea difensiva, lo sfinimento, nessuno lo può attaccare, perché se si permette, lui ha una difesa talmente debole e risibile che nessuno ha più voglia né intenzione di argomentare oltre, è la battuta di Artur Bloch "non discutere mai con un idiota, la gente potrebbe non notare la differenza" fatta stile di vita.
Ah, già, vorreste sapere la storia del tatuaggio, aspettate, cerco di essere serio e ve la racconto, allora, chi di voi ha un tatuaggio ricorda di aver prenotato un paio di mesi prima, aver aspettato la preparazione del disegno e tutto il resto? Il nostro eroe no, lui era (aspettate, mi sembra ancora così incredibile che non riesco a prenderla sul serio neanche per 10 secondi) in anticipo per un appuntamento con una ragazza (lui ha sempre appuntamenti con delle ragazze), ma un piccolo anticipo, quello che capita a tutti, 2 ore di anticipo, sì, ecco, lui era in anticipo di 2 ore per un appuntamento proprio davanti alla bottega di un tatuatore, allora è entrato e ha fatto un tatuaggio, così, c'è da aggiungere qualcosa?

13 commenti:

  1. no comment. voglio leggere l'articolo però.

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  2. c'è il link sotto "intervistato" nella prima frase, altrimenti comunque è qui http://www.repubblica.it/spettacoli-e-cultura/2011/12/12/news/intervista_volo-26456462/

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  3. Rampa, sappi solo che sabato a Otto e mezzo la Gruber come ultima domanda gli ha chiesto: "Ma è vero che facevi il panettiere?"... cazzo, non ci volevo credere... poi sono arrivati Repubblica e Gnoli.
    Ma la cosa folle è che lui risponde anche. E lo fa con la faccia di chi ti dice: Ora ti spiego io com'è la vita vera.

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  4. eh, ma lui te la può spiegare la vita vera, lui viene dalla strada, in un pezzo che non ho ripreso e commentato per non far diventare il post un libro, lui dice che viene dalla strada, ma non di quelle cattive (cioè quella dove tutti quelli della nostra generazione giocavano a pallone o andavano in bicicletta), chi ha più titoli di lui? mi chiedo se quella della gruber era una domanda sincera o se Volo ha un contratto per le interviste in cui sono obbligati a fargli la domanda sul panettiere

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  5. Ho trovato questo post per caso, ma ti amo già. Detesto il prodotto industriale "Fabio Volo" che hai smontato egregiamente.

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  6. eheheh, grazie Luisiana, ho solo il dubbio che il prodotto non sia industriale, ma casalingo

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  7. per spiegarmi meglio io non credo, come alcuni, che ci sia un ghost writer che produce la roba che poi volo firma perché sanno che c'è un mercato, io temo che sia tutta mediocre farina del suo sacco
    per cui c'è realmente un pubblico (ed è questa la cosa più penosa)
    poi sì, ci sarà stata un'industrializzazione, ma quel che temo io è che senza successo, lui si sarebbe lo stesso suonato e cantato ste robe, anzi, coi moderni mezzi, pure autopubblicato

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