giovedì 24 marzo 2011

Un derby non fa primavera, ma che bello scoprirsi sempre innamorati

In queste settimane ci sono stati così tanti avvenimenti da commentare (il disastro in Giappone arricchito dalle radiazioni, la guerra in Libia, Lampedusa, l'Unità d'Italia vs Lega, le solite piccinerie del governo, etc) da rimanere annichiliti. Con una tale quantità di cose da dire, che alla fine uno resta senza parole ad osservare attonito quanto accade. Al massimo, scuote la testa, si commuove o tira un bestemmione ben dato, ma la forza di affrontare la tastiera, quella non la riesci proprio a trovare. Almeno questo è quello che è capitato a me.



Poi, ieri sera, finalmente è arrivato un avvenimento tagliato su misura per questo inutile blog: il derby della nostalgia. Quel Juve-Toro all'Olimpico, già Comunale di Torino, organizzato per raccogliere fondi per la lotta alla Sla e per permettere a noi tifosi di scacciare per qualche minuto le immagini di un cross di Motta o di un lancio di Budel.

Occorre premettere che, non essendo a Torino, io allo stadio non ci sono andato e che, sicuramente sarebbe stata un'altra cosa rispetto alla visione televisiva (nemmeno confezionata troppo bene) ma due parole le merita lo stesso. Ostia se le merita. Va anche detto che, chissà, fossi stato a Torino sarei andato magari a sentire Jonathan Franzen al Circolo dei lettori, come ha fatto Rampa, ma quella è un'altra storia.
Inutile dire che quelli erano signori calciatori, tutti, anche quelli tecnicamente meno dotati sapevano giocare al calcio che non vuole dire per forza accarezzare la palla come Zizou o gonfiare la rete come Pulici, vuol dire fare dannatamente bene il mestiere del pedatore di pallone (mi permettano gli amici granata di escludere dal novero alcuni dei loro, alcuni dei più "giovani," quelli del periodo in cui il Toro iniziava questa lunga convalescenza e che sono entrati ieri nella seconda parte del match). Il confronto con il presente, per entrambe le società, è impietoso. Noi juventini siamo sconfortati e presi male e i cugini stanno, forse, anche peggio. Ma non è di questo che voglio scrivere, anche perché è sotto gli occhi di tutti.

Voglio scrivere di quanto è strano rivedere le figurine della propria infanzia o gli idoli della propria gioventù tornare a correre con quella maglia che tanto abbiamo amato. (E qui subentra la divagazione con insulto: ma se mi fai il derby Juve-Toro, perché la Juve non ha la maglia a strisce bianco e nere? Andate affanculo, voi e il marketing. Sfogo concluso). Capelli bianchi e teste spelacchiate, pancette e pancione (e non importa l'età: c'erano over 50 più in forma di quarantenni), palloni che corrono troppo veloci e palloni ancor addomesticati come se non si fosse mai smesso. E la voglia di giocare, di correre dietro alla palla, come quando si era bambini, perché è quello che si diventa quando si gioca a calcio per divertimento: bambini. Non importa chi sei e quanti anni hai. E i bambini a perdere proprio non ci stanno e lo stesso hanno fatto ieri questi ricchi signori (chi più che meno, certo): qualche calcio è volato e anche qualche protesta smozzicata, mgari senza farsi troppo notare, che, alla fine, si trattava di fare beneficenza, di una festa, e poi che figura ci fai?

Ma vedere Junior che corre, detta il gioco e segna, quasi volesse prendere in giro i suoi 56 anni abbondanti, Vialli che tenta la rovesciata-antica specialità della casa, Lentini che dribbla, Montero andare via dall'area con un tunnel, fa davvero bene al cuore. Questa è genta che sapeva, sa giocare, al calcio, che fa brillare gli occhi a noi tifosi. La nostalgia è canaglia e stretta parente della retorica. Però, cazzo, quando Zidane tocca la palla siamo al livello di un'opera d'arte. Se poi pennella un assist per la zazzera bionda di Pavel, che con un elegante tocco la mette dentro (proprio loro che non hanno mai giocato insieme), allora siamo all'estasi. La commozione fa capolino e ti dici: che bello il calcio. I granata godono con altro, con un'entrataccia di Policano su Ravanelli o di Longo su Davids, con quella grinta che vorrebbero vedere negli sbiaditi torelli di oggi. Ma non importa sempre calcio è, sempre passione resta. Che poi di gente del Toro che sapeva dare del tu alla boccia c'è n'è a pacchi e che i fuoriclasse della Juve l'anima in campo l'hanno sempre sputata.

Il derby ci manca terribilmente, ma soprattutto ci mancano la Juventus e il Torino che, dai nostri rispettivi e lontanissimi punti di osservazione, abbiamo imparato ad amare ancora prima di saper leggere e scrivere. Ridatecele.

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