venerdì 11 febbraio 2011

"E' tempo di dare senso alle parole"

Questo è il testo di una mia intervista a Gianrico Carofiglio per l'edizione savonese de La Stampa.

La manomissione delle parole (Rizzoli) è stato uno dei fenomeni letterari italiani della seconda metà del 2010, un saggio capace di stazionare a lungo tra i libri più venduti. Il suo autore Gianrico Carofiglio, il magistrato barese che ha conquistato gli italiani con il suo avvocato Guerrieri e che è oggi senatore del Pd, sarà questo pomeriggio, alle 18, nella Sala Rossa del Comune (organizza la Ubik).

Carofiglio, La manomissione delle parole è uscito parecchi mesi fa, nel frattempo la manomissione si è arrestata?
«Per niente. Stiamo registrando l’impazzimento del fenomeno, siamo in piena accelerazione, ormai l’assenza di senso è incredibile e clamorosa. Le ultime settimane si muovono tra la tristezza e l’assurdo, prendiamo quanto ha detto il ministro Frattini sull’intenzione di fare ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo per difendere Berlusconi. Siamo alla fase terminale, alla perdita di controllo totale. Nel “caso Ruby” il presidente del Consiglio dice di avere svolto un’azione diplomatica: ecco lo svuotamento di ogni senso e di significato della parola».  

Lei scrive che «le parole creano la realtà». Riuscirà il reale a riprendere il sopravvento sulla sua rappresentazione verbale?
«Le parole hanno il potere di modificare come vediamo la realtà, sia nel bene che nel male. Nella triste avventura berlusconiana, ormai all’epilogo, ha prevalso la manipolazione. Però, come l’economia reale ha ripreso il sopravvento su quella di carta, la finanza, così oggi possiamo sperare di ridare senso alle parole. Abbiamo il dovere di perseguire la rivoluzione della speranza, per parafrasare Erich Fromm».  

Il suo libro, più che un’opera esaustiva in sé, è un contenitore di spunti di riflessione e di inviti all’approfondimento. Sbaglio?
«No, è un'analisi corretta. La mia, anche in maniera piuttosto esplicita, è una serie arbitraria di spunti, che ha raccolto un’attenzione anche inaspettata. Sapevo che questo libro avrebbe potuto interessare una certa fetta di pubblico, ma la risposta è stata sorprendente. Non mi piace l’autocompiacimento, ma nei tanti incontri in giro per l’Italia i lettori mi hanno parlato di “libro necessario”. C’è una grande voglia di capire e di cambiare. La manomissione delle parole è un’occasione di riflessione e condivido il merito con Margherita Losacco, che ne ha curato la realizzazione».

Senatore, lei è ottimista? «Credo che siamo al preludio della trasformazione, siamo alla “fine del mondo” o al “25 luglio” (nel ‘43 Mussolini, sfiduciato, diede le dimissioni, ndr). Sono un fautore del detto di Lao Tse: “Ciò che il bruco chiama fine del mondo, il resto del mondo chiama farfalla”».

Quando tornerà al romanzo? «Sto giusto lavorando ad un romanzo molto complesso che uscirà per Rizzoli. Non voglio anticipare nulla, dico solo che sarà molto diverso da quanto scritto fino ad ora».

E l’avvocato Guerrieri?
«Non voglio essere il suo biografo, certo, prima o poi, tornerà anche lui».  

Guerrieri e Montalbano, fiori all’occhiello della Sellerio, sono due meridionali che piacciono anche al Nord: inversione di tendenza?
«Sono due personaggi che non fanno la regola. E poi, al di là della volgare retorica nordista, il Sud affascina la gente del Nord. Come l’Italia stessa, nonostante l’immagine così sporcata da quel signore, è ancora amatissima all’estero. E proprio per quanto riguarda Guerrieri quest’anno toccheremo il maggior numero di uscite dei suoi romanzi all’estero. A maggio faremo anche lancio in grande stile negli Stati Uniti».

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