mercoledì 9 febbraio 2011

Plurale femminile

Amici, facciamoci da parte, facciamo tutti un bel passo indietro e andiamo a parlare di calcio e motori, perdiamoci senza rimorsi dietro un pallone che rotola e godiamo davanti ad un’altra incredibile staccata di Valentino (il motociclista, non lo stilista), e se qualcuno ha velleità culturali si dedichi a cinema, musica, arte, teatro, letteratura, a quello che vuole. Insomma, molliamo il colpo e lasciamo spazio alle donne. Prendiamo spunto dalla bella iniziativa di domenica 13 febbraio “Se non ora quando?” e affidiamo le cose serie a loro, che noi di danni ne abbiamo fatti abbastanza.
E voi, care donne, confermate quanto tanti di noi, italici masculi, pensiamo: voi avete una marcia in più e d è ora che la innestiate. Poiché l’Italia affidata agli uomini ha prodotto questo suggestivo scenario che ci torviamo sotto gli occhi ogni giorno, proviamo a vedere se affidandoci a voi non si rischi di costruire un Paese un pelino meglio. Una balla e decisa virata proprio nel 150° anno della nostra povera patria. Proprio come in quella commedia di Aristofane, Le Ecclesiazuse, in cui l’unica possibilità di salvezza per Atene coincideva con la presa del potere da parte delle donne, così oggi il “gentil sesso” potrebbe salvarci. Una bella Terza Repubblica al femminile, perché no?
Confesso di avere seri problemi quando si tratta di comprendervi nella vita di tutti i giorni, ma sono anche consapevole che vi abbiamo bistrattate abbastanza: l’Italia è al 27° posto in Italia per occupazione femminile (ultima, prima di Malta); 121° posto per parità salariale nel mondo, 96° posto al mondo per la possibilità di ricoprire incarichi di vertice per le donne, il 73% di contratti precari, in questo Paese, sono delle donne. Un quadro che lascia ben poco allegri.
E, allora, tocca a voi, altra metà del cielo, trarci fuori d'impiccio. Molti di noi saranno domenica al vostro fianco nelle piazze e spero davvero che sapremo stare in disparte e lasciare voi al centro, affinché facciate sentire le vostre voci e ci dimostriate che l’Italia è una Paese capace ancora di avere una sua dignità. Fin da ora io vi ringrazio.
Ammetto, però, di non riuscire nemmeno ad immaginare come si possa andare d’accordo con una Santanchè, una Ravetto o una Brambilla. Ma io sono un uomo.

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